Identificate variazioni genetiche evolutive specifiche del cervello umano

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 27 febbraio 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La genomica comparativa, il campo che tanta attenzione ha catturato con la promessa di fornire le differenze genetiche fra la nostra specie e quelle più prossime in chiave evoluzionistica, ha sostanzialmente prima illuso e poi deluso le aspettative dei ricercatori più ottimisti e della gente comune, che una quindicina di anni fa si aspettava di poter conoscere da un giorno all’altro i fattori genetici decisivi nel rendere la nostra unicità di esseri umani. Lo stato delle conoscenze nel 2002, riassunto in un saggio di Marks che riportava il 98% di similarità fra il nostro genoma e quello dello scimpanzé[1], sembrava indicare che le differenze nelle dimensioni del cervello, nella capacità di pensiero, parola, intelligenza e creatività che distinguono la nostra realtà da quella delle scimmie, fossero dovute ad un piccolo insieme di cambiamenti genetici.

In realtà, come in quel periodo osservava e insegnava il nostro presidente, quell’esperienza di conoscenza ci ha fatto comprendere molte cose, mettendo in discussione l’equazione fra similitudine nell’organizzazione del genoma e similarità fra le specie: il numero, il tipo e la posizione dei geni sono a loro volta un prodotto di spinte evoluzionistiche, la loro coincidenza indica che i fattori determinanti numero, tipo e posizione dei geni hanno seguito lo stesso percorso di adattamento nei miliardi di anni di evoluzione, ma non necessariamente garantisce gli stessi risultati. In altri termini, se la morfogenesi delle strutture principali del corpo determina un’anatomia e una fisiologia molto simile fra noi e gli scimpanzé perché dipende da un basso numero di processi variabili che si inseriscono su uno spartito genetico strutturalmente quasi identico, l’evoluzione del cervello, che dipende da un alto numero di processi variabili, sia che li si intenda come auto-selettivi secondo l’interpretazione di Edelman sia che li si ritenga originati in modo diverso, ha potuto seguire una via notevolmente divergente.

Ma anche in termini strettamente genetici, il modo di intendere la similarità è notevolmente cambiato. Negli ultimi anni si è compresa sempre più la differenza qualitativa fra i geni omologhi di specie diverse. Partendo dall’osservazione che molte delle differenze nella sequenza genica che distinguono noi dagli altri animali sono il risultato di sostituzioni casuali (genetic drift), sono stati sviluppati metodi di studio per distinguere tali differenze da quelle che si ritiene siano state prodotte dalla selezione naturale. D’altra parte la miriade di differenze macromolecolari che esiste fra la nostra specie e le altre, sebbene attenda spiegazioni circa il significato funzionale e fenotipico, è una realtà che non si può ignorare. Si è poi studiata l’importanza del funzionamento del genoma al suo interno e si è cercato di comprendere il ruolo dei fattori di regolazione nell’evoluzione animale.

Gli elementi di regolazione dei geni agiscono da guida dei processi che determinano, nell’albero dell’evoluzione animale, il divergere dei rami di appartenenza delle specie. Ma dove tali elementi siano localizzati e quali di essi siano realmente rilevanti nella filogenesi non è ancora chiaro. Marit Vermunt e colleghi olandesi della facoltà medica di Utrecht e del centro di primatologia di Rijswijk hanno condotto un’analisi epigenomica di ampia scala del tessuto cerebrale umano, di macaco rhesus e di scimpanzé, che ha consentito loro di identificare cambiamenti di regolazione genica specifici della nostra specie, che si suppone abbiano contribuito all’emergere del cervello umano nella storia dell’evoluzione animale sul nostro pianeta.

(Vermunt M. W., et al. Epigenomic annotation of gene regulatory alterations during evolution of the primate brain. Nature Neuroscience – Epub ahead of print, DOI: doi: 10.1038/nn.4229, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Hubrecht Institute-KNAW and University Medical Center Utrecht, Utrecht (Paesi Bassi); Biomedical Primate Research Center, Rijswijk (Paesi Bassi).

Sebbene grazie al sequenziamento del genoma siano state identificate numerose variazioni non codificanti fra le specie dei primati studiate, quali di esse abbiano un significato di regolazione e, pertanto, siano potenzialmente rilevanti per l’evoluzione del cervello umano non è chiaro.

I ricercatori hanno annotato elementi cis-regolatori (CRE) nel genoma umano, di macaco rhesus e di scimpanzé, impiegando l’immunoprecipitazione della cromatina seguita dal sequenziamento (ChIP-seq) in differenti regioni anatomiche del cervello adulto.

Lo studio ha evidenziato un’elevata similarità nella posizione degli elementi CRE nel macaco e nell’uomo, suggerendo che la maggioranza degli di questi elementi erano già presenti in un progenitore ancestrale comune 25 milioni di anni fa. La maggior parte dei cambiamenti di regolazione osservati fra gli esseri umani e i macachi si sono verificati prima della separazione ancestrale fra la linea dei nostri progenitori e quella degli scimpanzé, lasciando un modesto set di elementi regolatori che predicevano la specificità umana.

I dati emersi dallo studio rifiniscono precedenti previsioni ed ipotesi sulle conseguenze di cambiamenti genomici fra le specie dei primati e consentono l’identificazione di alterazioni di regolazione rilevanti per l’evoluzione del cervello.

 

L’autore della nota ringrazia il dottor Lorenzo Borgia per la collaborazione e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno  nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-27 febbraio 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Cfr. Marks J., What it means to be 98% chimpanzee: Apes, people and their genes. University of California Press, Berkley 2002.